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Osservatorio Socialis Disabilità & Lavoro: mettere in pratica la CSR

Poco meno del 7% della popolazione italiana è disabile, cioè 4 milioni di individui. Solo 800mila lavorano; più di un milione vorrebbe farlo.

Ma nonostante le leggi di tutela, resistono molti pregiudizi e molte limitazioni: troppe aziende ancora preferiscono pagare le penali previste per chi non assume la quota obbligatoria di lavoratori disabili, piuttosto che inserirli nei propri processi produttivi.

DALL’ASSISTENZIALISMO ALLA MANAGERIALITÀ
Eppure ci sono segnali positivi. Per due terzi dei manager italiani la presenza di un lavoratore disabile in azienda produce ricadute positive per tutti: i compiti vengono distribuiti in modo più equo; gli spazi vengono organizzati in modo più razionale; sono assicurati interventi migliorativi ed ergonomici; si sviluppano nuove forme di organizzazione del lavoro (dal telelavoro allo smart working).

La ricerca “I manager e la gestione dei lavoratori con disabilità” fornisce dati rassicuranti in proposito. L’indagine, promossa da AismAssociazione Italiana Sclerosi Multipla, Prioritalia, Manageritalia e Osservatorio Socialis è stata presentata nel corso del convegno “Disabilità & Lavoro – La sfida dei manager”, svoltosi a Roma il 9 maggio.

Un’occasione preziosa per segnare una evoluzione importante: l’inserimento dei lavoratori disabili nelle imprese italiane produce valore aggiunto. Non è più solo un gesto filantropico, né solo un obbligo di legge, non è più assistenzialismo, ma è una scelta di managerialità efficiente. È un plus per tutte le imprese.

IL VALORE DELLA DIVERSITÀ
C’è di più. L’attenzione alla diversità – di genere, di cultura, di religione e di ogni altro elemento che assicuri il rispetto dei diritti umani, evitando ogni forma di discriminazione – ha di recente avuto nuove attenzioni da parte del legislatore.

Ma si è sviluppata una grande attenzione proprio al valore che la diversità può introdurre nei processi attivi di lavoro: le aziende informatiche stanno valorizzando i lavoratori con neurodiversità, come gli autistici, per le loro doti speciali di attenzione e controllo. Le abilità nel lavoro devono essere valorizzate e gli impegni commisurati alle abilità.

Questa è l’inclusione, che è più della semplice integrazione; non è più assistenzialismo: l’obiettivo non deve essere soltanto l’assegno di invalidità o un reddito sostitutivo al lavoro. Chi può lavorare deve poterlo fare, assicurando il proprio contributo al valore generato dall’impresa.

LE BUONE PRATICHE
Il convegno ha offerto l’occasione per toccare con mano le “buone pratiche” messe in atto in molte imprese che operano nel nostro Paese.

Ibm, Merck Serono e Western Union hanno offerto la loro testimonianza sottolineando il fatto che dietro ogni “disabilità” c’è una “abilità” da valorizzare.

Si può fare profitto in azienda mettendo a valore le caratteristiche di tutti i lavoratori, secondo un processo di inclusione che non è solo effetto di obblighi normativi, ma di azioni responsabili. Si mette in pratica la CSR.

Non solo: l’inclusione dei lavoratori con abilità diverse è una modalità per mettere al centro l’attenzione per l’invecchiamento attivo, tema tanto più importante in una società come la nostra, in cui l’età media continua – e per fortuna – ad aumentare.

PROGRAMMI, IMPEGNI, PROSPETTIVE
Valorizzare le diversità, perché diventino valore in azienda. Se questo è l’orizzonte bisogna assicurare formazione e informazione.

L’obiettivo non può più essere soltanto l’aggiornamento legislativo.

È stato detto da molti che la nostra legislazione per l’inserimento delle persone disabili al lavoro deve essere considerata più che positiva. Un benchmark per tutti i Paesi europei. Gli impegni devono essere rivolti soprattutto al cambio di paradigma culturale e sociale.

Le persone con disabilità devono essere percepite come soggetti produttivi, per i quali non si deve immaginare come “far passare il tempo”, ma per i quali si devono assicurare tutte le migliori occasioni per contribuire allo sviluppo di valore nelle imprese così come nelle Pubbliche amministrazioni.

Dalla riforma del terzo settore, così come da quella per il pubblico impiego, si sono offerte nuove opportunità che devono essere trasformate in realtà.

Per formare e informare resta il ruolo centrale delle associazioni.
Per Aism, così come per Manageritalia e Prioritalia, il lavoro è tanto; ed è appena cominciato.

Roberto Orsi, Osservatorio Socialis

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