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Lavoro, economia e digitale

“So cos’è la globalizzazione, ne conosco i benefici ma anche i
limiti: è innegabile che abbiamo costruito un sistema economico che non
funziona più. La pressione globale sulle risorse non è sostenibile. Se da un
lato aumentano la capacità della medicina e l’allungamento della vita in tutti
i Paesi e dall’altro aumentano le disuguaglianze, non possiamo pensare di
portare tutti i 7 miliardi di abitanti della Terra ai nostri livelli di
consumo, perché il pianeta non regge”.

Lo ha affermato Alessandro Fusacchia (https://www.camera.it/leg18/29?shadow_deputato=307155&idpersona=307155&idlegislatura=18), deputato, fondatore dell’Intergruppo parlamentare
sull’intelligenza artificiale (https://www.corrierecomunicazioni.it/digital-economy/nasce-lintergruppo-parlamentare-sullintelligenza-artificiale/, durante un dibattito su “Competenze e intelligenze per un nuovo
umanesimo digitale”, organizzato mercoledì 19 febbraio all’Ateneo Pontificio Regina
Apostolorum di Roma da Fondazione Prioritalia  (www.prioritalia.it) con Value@Work
(https://www.upra.org/ricerca/gruppi-di-ricerca/valuework/).

“Dobbiamo domandarci come aggiustare e ripensare il sistema –
ha detto ancora Fusacchia – E’ questo il ragionamento a cui ci spingono
i ragazzi dei Fridays For Future, Greta Thunberg, i climatologi. Non possiamo
dire che siccome il capitalismo è arrivato al suo limite allora ritorniamo ad
altri modelli del 900, no: dobbiamo inventarci un altro modello. E la
tecnologia ci può aiutare. Ad allocare meglio le risorse, a evitare lo spreco,
per esempio. Per noi legislatori la sfida è creare leggi che siano sempre più
capaci di rispondere ai bisogni delle persone”.

L’incontro è partito dai contenuti del libro del presidente Cida
e vice presidente Manageritalia Mario Mantovani Il mondo del lavoro ha un
futuro, anzi tre, (https://www.manageritalia.it/it/lavoro/futuro-del-lavoro-mario-mantovani) e ha
coinvolto oltre a Fusacchia e all’autore anche Stefania Celsi, esperta di
innovazione organizzativa e membra del direttivo di Value@Work e Luigi
Carrozzi, dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (https://www.garanteprivacy.it/), con la
moderazione di Marcella Mallen presidente di Prioritalia.

Mario
Mantovani, nel suo intervento, si è soffermato cui concetti di controllo,
sull’adeguatezza delle leggi in materia di lavoro rispetto all’evoluzione
tecnologica e sull’esigenza di trovare soluzioni comunitarie alle sfide che il
cambiamento ci impone.

 “Spesso
parliamo del timore che l’evoluzione tecnologica ci faccia perdere il
controllo. Ma l’idea del controllo è recente, è arrivata con l’illuminismo e si
è rafforzata con il concetto del progresso lineare. Quello che sta accadendo
agli equilibri climatici e di sostenibilità del pianeta ci impone di domandarci
se davvero abbiamo il controllo della natura. Forse no, forse dobbiamo
tornare all’idea filosofica che non possiamo controllare tutto. Le
intelligenze artificiali, per esempio, a un certo punto potrebbero diventare
capaci di autoprodurre comportamenti, azioni, e quindi di influenzare le nostre
decisioni. Cosa faremmo allora? Quello che abbiamo sempre fatto: lo
contrasteremo, lo affronteremo usando la nostra straordinaria capacità di
adattamento. Rispetto al futuro del lavoro dobbiamo colmare un ritardo
molto forte sui temi normativi. La regolamentazione del lavoro oggi è indietro
rispetto all’evoluzione delle organizzazioni, delle tecnologie e
dell’apprendimento. Un esempio specifico di questa obsolescenza riguarda la
distinzione tra lavoro autonomo e lavoro dipendente. Ma questo non è strano –
prosegue Mantovani – le norme non devono precedere la realtà ma arrivano dopo i
cambiamenti, cercando di adattarvisi”.

Un’altra
questione sollevata da Mantovani riguarda gli effetti dell’ibridazione tra le
tecnologie e le capacità fisiche e mentali umane: “Per effetto di impianti o manutenzioni di
tipo cibernetico del nostro corpo potremmo disporre di corpi che sono in parte
umani in parte aumentati. Come determinare l’età di chi subisce trapianti,
protesi, come quantificare la sua speranza di vita, rispetto alla gestione dei
sistemi assistenziali e pensionistici?”.

Sulla
necessità di costruire nuovi modelli economici, sociali e lavorativi adeguati
alle sfide poste dalle trasformazioni tecnologiche si è soffermata Marcella
Mallen, evidenziando anche i rischi sul fronte della tutela dei diritti
umani derivanti dall’intelligenza artificiale: “Le decisioni automatizzate
possono generare pregiudizi e stereotipi. Pensiamo ai rischi derivanti dalla
continua localizzazione della posizione geografica o la raccolta di dati sulle
opinioni e le preferenze individuali, che possono minare la libertà di espressione
e i diritti alla privacy”.

Di questi
temi ha parlato in particolare Luigi Carrozzi (Autorità Garante per la
protezione dei dati personali) partendo dalla denominazione estesa del regolamento UE 679 del
2016 noto come GDPR (https://it.wikipedia.org/wiki/Regolamento_generale_sulla_protezione_dei_dati) Regolamento
generale sulla protezione delle persone fisiche riguardo al trattamento dei
dati personali e alla libera circolazione di dati. “Dalle parole
contenute nel titolo completo del GDPR si evince l’importanza della libera
circolazione dei dati e allo stesso tempo come l’utilizzo di tali dati comporti
dei rischi elevatissimi, che richiedono un alto livello di protezione. I
dati personali sono il nuovo petrolio dell’economia digitale e un loro utilizzo
distorto può minacciare la libertà e i diritti fondamentali”.

Carrozzi
ha spiegato come l’internet of things, la diffusione dei sensori ovunque, renda
qualsiasi oggetto attivo nel mandare e ricevere segnali: non solo smartphone ma
auto, contatori della luce, frigoriferi, pompe insuliniche wireless. Questa
enorme quantità di dati, processati dagli algoritmi di analisi statistica
inglobati dai sistemi di intelligenza artificiale, crea la dimensione chiamata
dai filosofi onlife. “Con l’avvento del 5G gli individui avranno a
disposizione e genereranno quantità di dati ancora più grandi. Si sta
creando un sistema cyberfisico che offre la possibilità di uno sviluppo
economico impensabile ma apre uno spazio di rischio per la libertà e l’autodeterminazione,
visto che sempre più ci appoggiamo sulla rete per prendere le nostre decisioni
e che, come sappiamo, determinati stimoli riescono a condizionare i
comportamenti delle persone, tra cui il voto”.

Stefania
Celsi, esperta
di innovazione organizzativa e membro del consiglio direttivo di Consiglio
direttivo Value@Work, introduce la definizione di phygital enterprise
(https://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/2017/02/10/dal-digital-workplace-alla-phygital-enterprise/),
l’impresa che integra la componente fisica con quella digitale, e sottolinea
come la trasformazione digitale vada affrontata come un grande cambiamento culturale: “Il passaggio da organizzazioni
tradizionali di tipo gerarchico a strutture per reti cambia diversi parametri
cui siamo abituati. Nella valutazione delle persone, per esempio, si ragiona
nell’ottica del feedback continuo. Dalle leadership individuali andiamo verso
le leadership adattative e quelle di gruppo. Dalla fabbrica
dell’intelligenza cognitiva passiamo al laboratorio d’intelligenza emotiva. La
sfida del cambiamento culturale è anche una sfida generazionale: le
organizzazioni devono far convivere e valorizzare i babyboomers con i nativi
digitali, persone che hanno valori, motivazioni, stimoli e stili molto
diversi”.

Per
affrontare queste sfide, ha detto in chiusura dell’incontro Mantovani occorre
prendere decisioni con un approccio comunitario, coerentemente con l’essenza della specie
umana: “Siamo esseri che vivono con una libertà, una coscienza e
un’intelligenza individuali ma siamo creati/progettati per vivere insieme, per
avere legami che rafforzano l’appartenenza a un gruppo, a un luogo, a un tempo.
L’idea di rafforzarsi all’interno della comunità è centrale per la mia idea del
lavoro, che ritengo debba essere concepito non come scambio di tempo contro
denaro ma come legame di appartenenza. Il lavoro è ciò che l’individuo mette
a disposizione della comunità di cui fa parte per garantirsi l’accesso alle
risorse di cui questa comunità insieme dispone”.

 

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