<it>Dall’emergenza alle priorità: Debora Merighi</it>

Dall'emergenza alle priorità: Debora Merighi

Debora Merighi, Project
Manager Colazioni SDGs presso Fondazione Homo Ex Machina

 

Stiamo vivendo un periodo difficile, complesso.
Un periodo senza precedenti, una situazione
nuova per tutti e che ci rende, davvero,
tutti uguali. Si, tutti uguali,
perchè questo virus attacca chiunque, senza discriminazioni.

 

Mi sento di dire che questa situazione ci
stia rendendo davvero consapevoli. Consapevoli della bellezza delle piccole
cose
, di quelle più semplici, che davamo per scontate. Un caffè con un amico, una giornata in
biblioteca, una passeggiata in un parco, una pizza con i parenti, una carezza al nostro amichetto
peloso. Tutto ciò che prima era ordinario, quotidiano, normale ora non lo è
più. La nostra vita, ogni suo più singolo aspetto, è stata stravolta.

Si, è vero, le videochiamate a distanza si
facevano comunque… magari per portare a compimento qualche lavoro con colleghi logisticamente lontani, oppure per sostituire le due chiacchiere al telefono con un
amico. Ma ora le videochiamate sono diventate l’abc delle nostre interazioni
sociali.

Faccio videochiamate con i miei nonni, ci
vediamo e ridiamo insieme. Videochiamo
le mie amiche e i miei amici. Svolgo lavori di gruppo, porto avanti progetti,
seguo lezioni universitarie e non… con le videochiamate.
Credo che questo virus abbia tirato fuori il lato più sociale di noi, quello
umano. Vorrei in proposito ricordare il primo assioma
della comunicazione elaborato
dalla scuola di Palo
Alto: “E’ impossibile non
comunicare” certo, l’uomo è un animale sociale!

In questo momento di profonda tragicità riusciamo
a farci forza l’un l’altro, attraverso (e grazie) alla tecnologia. In un
momento così critico, la tecnologia riesce a far sì che diverse postazioni
lavorative rimangano attive, permette lo svolgimento delle lezioni online,
consente di interagire – seppure virtualmente – con gli altri. Riesce a tenerci
occupati e a donarci un pizzico di leggerezza con servizi di streaming e attraverso
i social network con cui, poi, riusciamo
a sentirci tutti parte di un’unica grande comunità.

Artisti di qualsiasi
tipo hanno cominciato a sbizzarrirsi sui social network per riuscire a
mantenere il proprio pubblico il meno annoiato possibile; passiamo da concerti
a interviste, da ricette di cucina allo sport, e tanto altro ancora. Grazie ai
social network vengono diffuse
tantissime campagne di raccolta fondi per riuscire a sostenere il sistema
sanitario durante questa emergenza. Insomma, la tecnologia ci sta aiutando
parecchio.

Trovo anche dei risvolti negativi. Purtroppo, siamo (o, perlomeno, io sono) incollati a schermi tutto il giorno. Passiamo dallo smartphone, al computer, alla televisione. Arrivo a fine giornata che ho gli occhi che bruciano, mi sento la testa
scoppiare, il collo è affaticato.
Oltre ad un malessere fisico, provo anche un malessere psicologico che sono
sicura molti potranno comprendere: perdere tempo curiosando sui social network che,
fondamentalmente, non ti stanno insegnando nulla se non mostrando la vita di
altri. E’ inevitabile caderci in mezzo e, purtroppo, è come un vortice da cui è
difficile uscire. Inizi scorrendo il feed delle notizie
e finisci, tempo dopo, che stai guardando
video divertenti. Sia chiaro,
questa non intende
essere una polemica
ai social network,
ma più che altro una considerazione sull’utilizzo che ne facciamo. E, purtroppo, in quarantena e senza
molti “limiti” solitamente imposti dalla vita quotidiana, è veramente
complicato non farsi trascinare nel tunnel dell’ozio.
A questo proposito, io trovo che questa quarantena possa essere presa in due modi che mi piace identificare così:
“il rassegnato” e “l’imbattibile”.

Il rassegnato assume un comportamento
arrendevole nei confronti della situazione. Si lamenta, molto. Si annoia,
altrettanto. Passa la giornata in casa spostandosi da divano e letto e viceversa.
Alla fine di questa quarantena sarà probabilmente esausto;
qualcuno potrebbe obiettare: “Ma come, non ha fatto niente tutto il
tempo!” Ed io replicherei “… Esatto!”. Stare tutto il giorno, tutti i giorni, a
oziare… stanca ancora di più. Ma, soprattutto, ci rende insoddisfatti. A fine giornata non siamo appagati,
bensì ci troviamo
avvolti da una nube di insoddisfazione. Giorno dopo
giorno, ci sentiremo sempre meno produttivi. Per questo sostengo che a fine quarantena, coloro che appartengono a questa categoria, saranno esausti. I rassegnati sono però sempre in tempo a cambiare
marcia e percorrere la stessa strada degli
Imbattibili.

L’imbattibile capisce che non può fare nulla per migliorare la situazione
se non stando a casa. Capisce che questa quarantena occuperà un periodo di
tempo limitato (e speriamo che sia il più breve possibile) e intende utilizzare
questi giorni nel modo più produttivo possibile. Si dedica agli hobby che ha
sempre amato e a cui non è mai riuscito a dedicare più di tanto tempo,
data la
frenesia della vita quotidiana. Riordina casa e, metaforicamente, anche i propri pensieri.
Passa del tempo con i suoi cari, legge tanti libri, cucina, si allena. Insomma,
l’imbattibile non si perde d’animo. Seppur con uno sconforto iniziale, capisce
che rimanere fermi non porterà a nulla.

Personalmente, mi rispecchio in questa seconda
figura. Sono riuscita a trovare il lato positivo di questa situazione
terribile.
In questi giorni mi sto dedicando a me stessa, ai miei hobby e
alle mie passioni, mi sto occupando di ciò che non ho mai avuto tempo di fare
davvero fino in fondo. Certo, lo ammetto, i primi giorni sono stati duri: sono
una persona estremamente socievole e attiva, sono sempre fuori
casa, per progetti, studio o svago. Però sono sempre stata una persona
che sa stare bene da sola. Stare in casa in questo mese mi sta facendo
capire tanto. Mi ha resa consapevole.

Qualche domenica fa, 8 marzo, era una giornata bellissima.
Sono uscita da sola per farmi una
passeggiata al parco, senza incrociare
nessuno, solo per prendere aria.
Solitamente quando cammino fuori spesso e volentieri
ho la musica nelle orecchie o il
cellulare in mano ed il capo chino su
di esso… domenica invece
mi sono goduta tutto: il sole, i fiori (margherite, violette), gli alberi, la natura,
respiravo l’aria… Mi sono
semplicemente fatta un giro fuori
in totale solitudine… e stavo
così bene.. Quando perdi qualcosa
capisci di tenerci e, appena
lo riassapori, è… magia.

Pensate a quando sarà finito tutto e
saremo davvero consapevoli dell’importanza anche
solo delle piccole cose (..anzi, di quelle che noi credevamo "piccole cose" prima di questa esperienza).

Pensate che sapore avrà rivederci,
toccarci, berci un caffe insieme, guardarsi
negli occhi.

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Fondazione Prioritalia