Le azioni di oggi determineranno il nostro domani
Giusva Pulejo, Ceo Netwoplus, imprenditore con approccio olistico
L’emergenza Coronavirus ricorda all’umanità la sua
vulnerabilità, sia a livello personale sia a livello di comunità sociale ed
economica. Viviamo una crisi, prevista tra gli altri da Bill Gates nel 2015,
che mette in discussione il nostro concetto di benessere: cosa ne pensi?
La pandemia ha indubbiamente cambiato i nostri
comportamenti e, di certo, modificherà anche in futuro le azioni di ogni
individuo, con le conseguenti reazioni. Cosa voglio dire? Il concetto di
benessere è trasversale: esiste un benessere materiale, economico, psicologico,
relazionale, sociale, culturale, alimentare, ambientale, così come esiste un
benessere organizzativo nel lavoro.
Riflettiamo un attimo sul concetto etimologico della
parola “benessere”. Benessere significa stare bene ed è il termine che
individua gli aspetti, le caratteristiche e la qualità della vita di ciascun
individuo nell’ambiente che lo circonda. Ma quando questo ambiente muta in
maniera profonda in virtù di fattori esogeni? Ecco, è qui che bisogna
soffermarsi. Professionalmente opero su più campi: da quello della consulenza
digitale multisettoriale fino ai settori legati al turismo, alla filiera
agroalimentare e al fashion. Si può quindi affermare che con le società
di cui faccio parte come partner e di quelle che in primo luogo, invece,
gestisco, il mio approccio olistico è particolarmente diversificato.
Come detto qualche giorno addietro a un mio cliente,
trovo adatte da ripensare, in questo momento storico, le tesi di Herbert Simon
e il suo assunto sulla “razionalità limitata” applicata a concetti di
psicologia cognitiva. Questo tipo di razionalità si basa su un concetto
fondamentale dell’economia comportamentale e riguarda i modi in cui il processo
decisionale influenza le singole scelte degli individui. Ed è qui che bisogna
pensare alla “metafora della forbice”, dove da un lato c’è la natura del nostro
pensare e dall’altra c’è la natura delle circostanze esterne all’interno delle
quali ci troviamo a prendere delle decisioni. Come Simon rimise in discussione
un modello di economia tradizionale che si muove sul modello di un individuo
che parte da una situazione limitata e tende a ricercare una soluzione
soddisfacente, oggi noi tutti, manager e imprenditori, dobbiamo pensare a
una soluzione ottimale che vada a superare quella soddisfacente per cui fino a
ieri potevamo tenere in piedi, senza grossi problemi, le nostre aziende.
Solo così potremo ritrovare quel benessere perduto: trasformando una grande
crisi in opportunità per ripensare i nostri modelli di business in termini di
processi evolutivi.
Quali
sono le priorità su cui bisogna concentrarsi quando l’emergenza lascerà il
posto alla ripresa di una “nuova normalità” e saremo chiamati a ricostruire il
nostro tessuto economico e sociale?
Senza dubbio l’importanza delle relazioni umane abbinate all’esaltazione
del valore di ogni singolo individuo, attraverso la generazione del valore
delle competenze. Bisogna andare alla ricerca dell’optimum in ogni
settore e non più della soluzione soddisfacente, come prima espresso.
Il tema del riconoscimento e della valorizzazione delle competenze
è oggi più che mai, un tema strategico. Se è vero che le
aziende sono fatte di persone è anche vero che le persone rappresentano l’elemento
determinante su cui basare la competitività di un’azienda e determinano, in
larga misura, la stessa possibilità di rimanere sul mercato nel lungo periodo.
Incentivare e, soprattutto, trattenere quelle risorse che fanno la differenza,
rappresenta uno degli imperativi a cui nessuna azienda potrà più sottrarsi. Le
persone devono poter vedere riconosciute e valorizzate le proprie competenze,
quando ci sono, sulla base di modelli trasparenti e condivisi. E quando non
ci sono, ci deve essere la possibilità di accrescerle attraverso interventi di
formazione, coaching o mentoring a seconda delle necessità. Tutto ciò può
avvenire solo se si dispone di una conoscenza completa delle proprie risorse,
della loro storia professionale, delle caratteristiche peculiari, delle loro
ambizioni.
Quali opportunità stai cogliendo da questa crisi,
quali elementi positivi credi di poter trarre e come pensi di valorizzare
l’esperienza, sul piano professionale? Quali innovazioni derivanti dai
cambiamenti in corso, in particolare nella sfera lavorativa e produttiva, credi
possano rivelarsi un valore aggiunto?
L’economia della disintermediazione digitale sta spostando la
creazione di valore da filiere produttive tradizionali in nuovi ambiti. Risulta necessario comprendere questi aspetti e migrarli in una
vera digitalizzazione delle nostre aziende dove il progresso tecnologico e il
potenziale innovativo sono figli di processi non convenzionali che cambiano la
vita delle aziende e degli individui all’interno delle società nelle quali
vivono. Sul piano personale e professionale, attraverso la mia boutique di
marketing e comunicazione non convenzionale, come a me piace definirla,
aiutiamo i nostri clienti (aziende, imprenditori, manager, liberi
professionisti) a digitalizzarsi in modo congruente ai loro obiettivi e al
grado di reputazione che vogliono conquistare nel tempo. Sappiamo bene che il
digitale pervade qualsiasi funzione aziendale in modo trasversale e siamo
consapevoli di quanto il mindset sia determinante nella riuscita di un
progetto. Se posso permettermi, il consiglio che suggerisco è quello di
guardare sempre la foresta e non solo il proprio orticello dove quotidianamente
siamo immersi. La foresta è quella zona a cui vogliamo ambire da qui ai
prossimi anni e che nella quota parte delle ambizioni di ogni essere umano,
potenzialmente, ci spetta; l’orticello è quella microsfera dove siamo
cristallizzati oggi e che potremmo definire “comfort zone”. Uscire dalla
comfort zone significa proprio questo: mettersi alla prova in situazioni meno
confortevoli, andando alla ricerca di nuove sfide nell’ottica di un miglioramento
continuo.