Maurizio Mastrogiovanni, Consigliere
Manageritalia Toscana, Project Leader territoriale CIDA
L’emergenza Coronavirus ricorda all’umanità la sua
vulnerabilità, sia a livello personale sia a livello di comunità sociale ed
economica. Viviamo una crisi, prevista tra gli altri da Bill Gates nel 2015, che mette in discussione il nostro concetto di
benessere: cosa ne pensi?
La longevità senza qualità della vita è solo
l’anticamera dell’inferno per le persone non più autosufficienti, che devono
affidarsi a badanti non professionali o a RSA fatiscenti che cercano solo di
massimizzare i guadagni. Per superare la situazione si potrebbe chiedere all’Inps
di accantonare una piccola parte dei contributi – facendo pagare più alle
retribuzioni alte e meno a quelle basse – per offrire soluzioni dignitose agli
over 90 (o a un’altra età da stabilire).
Purtroppo è noto che gli avvertimenti dei più saggi, di
chi è capace di guardare oltre all’“oggi” sono solitamente inascoltati. Se
ancora oggi, i presidenti di USA e Brasile si rifiutano di accettare che
l’antropizzazione ha portato a disastri ecologici, cosa mai potremo aspettarci
per il futuro?
Purtroppo i pochi più ricchi se ne infischiano delle
conseguenze della loro ricchezza e continuano ad accumulare capitali che non
gli servono a danno dell’ambiente e della società. Arriverà un giorno in cui
questi debiti dovranno essere pagati e anche loro dovranno risponderne. Forse
purtroppo sarà troppo tardi per l’umanità.
Quali sono le priorità su cui bisogna concentrarsi
quando l’emergenza lascerà il posto alla ripresa di una “nuova normalità” e
saremo chiamati a ricostruire il nostro tessuto economico e sociale?
L’umanità e la politica che la governa hanno tenuto e
continuano a tenere un atteggiamento insensato. La crescita infinita in un
mondo finito non può esistere. La crescita è solo un pretesto per poter
accumulare ricchezza ai danni dell’ambiente e dei più poveri.
Bisognerà guardare al lavoro come a un elemento che
diminuirà sempre più in seguito all’automazione crescente in tutti i campi
dell’attività umana. Se non ci sarà più lavoro per tutti, bisognerà iniziare a
tassare il lavoro fatto dalle macchine e la rendita finanziaria. Con queste
risorse, che dovranno gradualmente sostituire la tassazione sul lavoro umano,
si dovranno sostenere gli umani che non potranno/vorranno lavorare, perché il
centro della società non è l’azienda o il profitto ma l’Uomo.
Dall’altra parte, bisognerà ottimizzare/ridurre i
consumi e riciclare le risorse disponibili verso un modello sostenibile. Molto
probabilmente già adesso la pressione antropica sula Terra è troppo alta:
dovremo mettere mano al controllo delle nascite per contenere questa pressione
entro limiti accettabili. Una esigenza critica e non indolore, che comporterà
di convincere soprattutto le nazioni più popolose a decrescere. L’ambiente
dovrà avere le tutele massime perché senza un ambiente protetto e armonico non
c’è vita per gli umani.
Quali opportunità stai cogliendo da questa crisi,
quali elementi positivi credi di poter trarre e come pensi di valorizzare
l’esperienza, sul piano professionale? Quali innovazioni derivanti dai
cambiamenti in corso, in particolare nella sfera lavorativa e produttiva, credi
possano rivelarsi un valore aggiunto?
Si parla di “valore aggiunto” come il totem
dell’economia, mentre si dovrebbe parlare più appropriatamente di “felicità
aggiunta”. Bisogna smetterla di dare ad ogni azione, ad ogni oggetto, ad
ogni intenzione, ad ogni disastro solo un valore economico. Quando si
verifica un cataclisma siamo abituati a valutarne la portata in termina di
valore economico perso. Difficilmente conteggiamo le vite perse, la felicità
distrutta, le relazioni interrotte ecc. Quindi prima di tutto è necessario un
cambio di paradigma: affinché la società prosperi è necessario che le persone
siano felici – ricchi e poveri. Che ci sia concordia e pace. Che si sviluppi
amore e comprensione.
Fatta questa premessa possiamo dire che questa
pandemia è uno stimolo forte, che tutti comprendono, per cercare di
svoltare pagina.
Le innovazioni sul lavoro dovranno andare verso la riduzione
delle ore lavorative con pari
sostegno dello Stato per le ore non lavorate. A livello produttivo, dovremo
andare a esercitare un controllo vincolante, verso ciò che è utile e
sostenibile complessivamente produrre e ciò che non lo è. Certo questo non sarà
un discrimine facile, perché molti sono gli aspetti da considerare. Una cosa è
sicura: non possiamo più sopportare l’obsolescenza programmata o tecniche
simili. Tutto deve essere riparabile e riciclabile. I prodotti senza
giustificazione ambientale devono essere interrotti con tanto di proibizione
statale.
Nelle scuole e nella società bisognerà insegnare e
diffondere la competenza emotiva, la comunicazione non-violenta, la capacità di
risolvere i conflitti, diffondere il metodo del consenso per prendere
decisioni, sviluppare l’autoconsapevolezza. Insomma serve una vera e propria
conversione a U.