Nadia Servino, Sales area manager Spazio Enel Partner presso Enel Energia
22 marzo 2020: un mese ed un giorno fa iniziava in
Italia l’incubo del Coronavirus.
Molte cose sono successe in questo mese. Come
nell’elaborazione di un lutto siamo passati dall’incredulità (è solo
un’influenza…) alla ribellione (io parto lo stesso. Sono le mie vacanze!)
alla rassegnata accettazione che ci troviamo di fronte all’Apocalisse.
Siamo dunque costretti a scendere a patti con la
nostra vulnerabilità: di donne e di
uomini, di madri e padri, di lavoratori di ogni genere e di ogni settore produttivo.
E di fronte a questa vulnerabilità, nuova ma anche ritrovata, la reazione non
può che essere di adattamento e di evoluzione. Si. Perché Apocalisse non vuol
dire solo catastrofe ma anche rivelazione, qualcosa che viene “svelato”. E mai
significato fu più adatto alla situazione.
Perché il Coronavirus ci ha “svelato” molte verità che
la quotidiana corsa frenetica, nella quale tutti eravamo incastrati, ci
impediva di vedere.
Abbiamo capito che la salute è la cosa più importante
e che i tagli alla sanità e ai posti letto negli ospedali sono insensati e
pericolosi.
Abbiamo capito che l’inquinamento globale non è solo
un tema di moda e di Greta ma che può portare conseguenze dannose anche in
termini di diffusione di un nuovo virus.
Abbiamo capito che la risposta di un Paese
all’emergenza deve essere una risposta che guarda innanzitutto alla salute
delle persone e poi a tutto il resto.
Abbiamo capito che lo smart working si può fare,
sempre e in qualsiasi azienda. E contribuire così a correre meno, ad inquinare
meno.
Abbiamo capito che esiste un “online” comodo e alla
portata di tutti: pagamenti, acquisti, spesa alimentare.
Abbiamo capito che le regole vanno rispettate, sempre.
E le tasse vanno pagate, sempre e da tutti.
Abbiamo ritrovato una vista nuova e lucida al
quotidiano. E la sfida che abbiamo davanti è quella di integrare questa nuova
vista con la nostra vecchia vita e tirarne fuori qualcosa di buono, di
sostenibile, di solidale.
Quali saranno dunque le priorità quando saremo
chiamati a ricostruire l’economia del Paese?
Innanzitutto dovremo trasformare questa esperienza
medica e sanitaria in nuovi protocolli di sicurezza e piani di emergenza. Ora
sappiamo che un nuovo virus può attaccarci e dobbiamo essere pronti a gestire
l’emergenza.
Dovremo saper contaminare ed integrare sempre di più online
ed offline, virtuale e fisico. I negozi fisici e l’e-commerce devono essere
intercambiabili ed interconnessi, a prescindere dalla dimensione del negozio.
Anche la piccola bottega alimentare dovrà avere la consegna a domicilio e la
possibilità di pagare e ordinare online.
Si rafforzerà la consegna di cibo pronto a domicilio;
una valida alternativa alla cena al ristorante.
Dovremo ricostruire completamente il settore
turistico. E dovremo farlo partendo dal racconto di un paese che ha
fronteggiato un nuovo virus facendo scuola per il resto dell’Europa.
Continueremo ad usare lo smart working e guadagneremo
in produttività e clima aziendale.
Ci troveremo in definitiva di fronte ad una Italia che
sarà passata dalla teoria della digitalizzazione alla pratica della
digitalizzazione. E questo farà di noi un Paese più forte e più competitivo.
Ne usciremo. E sarà meglio di prima.